Domenica 02.05
Come ogni Domenica sera, scorro la Home di Instagram in cerca di nuovi spunti per trekking in montagna.
Un nuovo post di Tamara dice: “Vuoi vincere la paura grazie alla natura? Questo è il week end che fa per te”.
.. si sa che la curiosità è donna.. e in meno di 24 ore ho già prenotato una camera al Pineta Nature Resort, per me e ovviamente per Ziva!
Iniziamo il conto alla rovescia dei giorni che mancano..Non vediamo l’ora di partire per la Val di Non.
Venerdi 14.05
Finalmente è arrivato IL week-end!!
Dopo l'escursione sul Monte Roèn della mattina e una deliziosa cena in hotel, attendiamo con trepidazione l’inizio della presentazione di Tamara all’interno della sala allestita al Pineta Resort.
“Stasera non vi parlerò della recente spedizione invernale sul K2. Mi serve ancora un po’ di tempo per metabolizzare l’accaduto, quindi vi racconterò qualche altra mia avventura di questi ultimi anni”.
Inizia così il racconto di Tamara davanti agli occhi pieni di gioia di tutto il pubblico del Resort.
La prima avventura di cui ci parla è il Kangchenjunga Skyline Project 2017.
Questo progetto prevedeva la traversata completa, insieme al suo compagno di scalata Simone Moro, della lunga cresta del Kangchenjunga in Himalaya ( terza vetta più alta del mondo 8.586 metri ). Dal campo base sarebbero saliti fino alla cima dello Yalung Kang (8.505 mt.), poi Kangchenjunga principale (8.586 mt.), Kangchenjunga centrale (8.482 mt.) e infine Kangchenjunga sud (8.476 mt.).
“Io ero in buona forma – racconta Tamara – mentre per la prima volta ho visto Simone molto in difficoltà. Purtroppo non è riuscito ad acclimatarsi bene e, fin da subito, ha avuto problemi di stomaco. Ha provato a stringere i denti e a continuare ma poi alla fine, verso i 7.200 metri, ha deciso di abbandonare. Io invece avrei voluto almeno raggiungere la cima principale e mi stavo preparando per la scalata in solitaria. Ho chiesto a Simone di passarmi la tenda che era nel suo zaino, l'ho appoggiata un attimo a terra ma, purtroppo, il vento l’ha fatta volare via.
Così Simone mi disse: “Hai visto Tami, è un segno… forse è meglio che ritorni giù con me!”.
Simone, parecchio tempo dopo, mi confidò di aver sognato per ben due volte che, se avessi tentato l'ascesa, avrebbe dovuto chiamare i miei genitori e dir loro che non sarei più tornata a casa.”
“Così sono scesa anch’io e ho dovuto abbandonare quel sogno”.
Al ritorno dal Kangchenjunga Tamara però non si lascia scoraggiare e riparte subito per una nuova avventura con il suo amico, campione di parapendio, Aaron Durogati.
“Avevo promesso da tempo ad Aaron che lo avrei portato su un 8000 – racconta Tamara – cosi’ che potesse realizzare il suo sogno di scendere dalla montagna con gli sci e il parapendio.
Una promessa è una promessa però sentivo che questa avventura non doveva esser fatta. Pregavo ogni giorno che succedesse qualcosa, di non troppo brutto, che ci impedisse di partire. E così è stato. Ci avevano concesso il permesso per scalare la montagna ma ad Aaron non avevano dato il permesso per scendere con gli scii! Evviva! “
I due decidono di partire per un viaggio veramente wild nelle lande selvagge dell’India assieme ad un fotografo e un driver. Insieme trascorrono un mese esplorando il territorio, scalando e volando.
I video che ci ha mostrato mentre volano sopra le vette dell'Himalaya Indiano hanno lasciato tutti senza fiato.
“Eravamo completamente soli e intorno avevamo solo le montagne e gli animali. L’esperienza più incredibile è stata volare nel cielo con sopra di noi delle enormi aquile con un’apertura alare di almeno 3 metri”.
Tamara non ha però incontrato solo le aquile durante il suo viaggio.
“Una sera, mentre eravamo accampati per la notte, sento Aaron correre dentro la tenda spaventato e chiudere velocemente la cerniera dicendo che fuori c’era un animale. Restiamo in ascolto e sentiamo che qualcuno si avvicina alla tenda e comincia a fare degli strani rumori; sapevamo che era un animale ma non capivamo di che tipo. Dopo un po’ non sentiamo più niente e io decido che dovevo per forza uscire per fare la pipì, ho pregato che non ci fosse più nessuno intorno.
Il giorno dopo abbiamo descritto il rumore a una persona del posto e questi ci ha detto che probabilmente si trattava di una pantera!”.
Nel Gennaio 2018 Tamara ritorna a fianco del suo compagno di scalata Simone Moro. Simone questa volta le propone una spedizione in Siberia, nel luogo più freddo della terra, dove la temperatura più bassa registrata è stata di – 71.3°. La proposta era di cercare di salire la vetta ancora inviolata del Pik Pobeda a 3.003 mt.
“Inizialmente ho detto subito di no a Simone, avevo letto che le temperature potevano arrivare anche a -70° e ciò mi spaventava parecchio, non ero sicura di riuscire a resistere a tanto freddo e avevo paura di rimetterci le dita dei piedi - racconta Tamara -.
Poi Simone ha iniziato a spiegarmi il progetto e alla fine non ho potuto far altro che accettare. Adesso posso dire che è stata veramente un’esperienza pazzesca!”.
“Lì la vita è molto difficile – continua Tamara - il clima è estremo, al punto che ci sono dieci mesi l’anno di freddo terribile. Inoltre le donne non sono ben viste e ciò mi è dispiaciuto molto. Quando siamo arrivati nell’ultimo villaggio prima di partire per il Pik Pobeda, gli uomini con cui abbiamo cenato nella tenda mi ignoravano e parlavano solo con Simone, mi sono sentita un fantasma. Forse hanno cominciato a portarmi un po’ più di rispetto quando mi hanno vista spaccare la legna ogni mattina.”
Simone e Tamara sono stati aiutati e consigliati molto dagli abitanti del luogo. Al contrario dell’Himalaya, in Siberia cielo azzurro non è sinonimo di bella giornata poiché vuol dire che ci saranno venti gelidi molto forti. Per tentare il Summit Push hanno dunque dovuto attendere una giornata poco ventosa e con cielo grigio.
“Simone mi ha detto che avremmo dovuto effettuare una scalata in velocità, nonostante le condizioni avverse rendessero ciò molto difficile. Per la prima volta non ci siamo legati l’un con l’altro perché c’erano dei passaggi talmente tecnici e difficili che sapevamo che la caduta di uno dei due avrebbe messo fine alla vita anche dell’altro e li i soccorsi sono praticamente impossibili. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e, arrivati in vetta, abbiamo subito dovuto pensare alla discesa. In ogni caso è stata un’esperienza unica e ho avuto ancor di più la conferma che sono innamorata dell’esplorazione in tutti i sensi, non solo sulle montagne di 8000 metri”.
Dopo la conquista del Pik Pobeda a Febbraio 2018, non contenta del freddo della Siberia, Tamara riparte per una nuova avventura… questa volta con gli sci d’alpinismo, prendendo parte alla Red Bull Der Lange Weg.
A quarantasette anni di distanza dalla storica traversata delle Alpi compiuta da un gruppo di sci alpinisti austriaci, un team di sette atleti internazionali cercò di replicare l’impresa, in un tempo minore rispetto a quello stabilito nel 1971 dal precedente gruppo, sciando e camminando per 40 giorni, senza un solo giorno di riposo.
La traversata partiva da Reichenau an der Rax, in Austria, per terminare a Contes, una località vicino Nizza, in Francia. La spedizione copriva una distanza di 1.917 chilometri per oltre 85.000 mt. di dislivello cumulativo.
“Sembra come nelle barzellette – inizia a raccontare Tamara – eravamo un gruppo di 7 atleti: uno svizzero, un’italiana, una spagnola, un austriaco, un tedesco e due americani”.
Fin dall’inizio però racconta di aver avuto la sensazione che il gruppo non fosse molto compatto, nessuno si conosceva e ognuno aveva un’idea diversa su quale fosse la strada migliore, il percorso più giusto, il tempo necessario per il recupero ecc ecc .. erano tutti molto competitivi per cercare di arrivare al traguardo finale.
Ogni atleta doveva guidare il gruppo durante un tratto della traversata, quando però fu il turno di Tamara alcuni iniziarono a contraddirla sul percorso da lei scelto e su altri dettagli tecnici.
“In quell’occasione ho capito che non vorrò mai diventare guida alpina “ dice ridendo davanti al suo pubblico intento a catturare ogni dettaglio dei suoi racconti.
Purtroppo la traversata per Tamara finisce prima dell’arrivo a Nizza.
“La voglia di arrivare a Nizza era tanta, ho dato il massimo per realizzare questo sogno ma già da una settimana avevo dolori allo stinco, il recupero era quasi impossibile, ho tenuto duro ma alla fine ho dovuto rinunciare.. la salute è la cosa più importante.”
La serata si conclude con un caloroso applauso, gli autografi sul libro “Io, gli Ottomila e la felicità“ e un arrivederci a chi domani prenderà parte al trekking con la promessa di farle moltissime domande su curiosità/consigli e aneddoti.
continua...